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sabato 18 febbraio 2012

Fusto d'acciaio addio



Un fusto Modular 20 di Carlsberg
La scorsa settimana vi ho proposto una carrellata delle novità tecnologiche provenienti dall’industria, anticipando che avrei ripreso il discorso a breve per ampliare e completare l’argomento. In quel caso accennai al sistema Modular 20 di Carlsberg Italia e mi dilungai sul Cellar Beer System diHeineken: due soluzioni che eliminano l’anidride carbonica dalla spillatura, ma che funzionano in modo fondamentalmente diverso. La comparsa delle due tecnologie non sono casi isolati, bensì si contestualizzano all’interno di un campo d’azione che negli ultimi tempi sta mostrando diverse innovazioni. Innovazioni che – e non potrebbe essere altrimenti – provengono dalle multinazionali, ma che facilmente potrebbero avere ripercussioni anche sul segmento artigianale. Un nome che vale come esempio per tutti? Key Keg, il fusto usa e getta.
Proprio la nascita del Key Keg ha instaurato una rivoluzione nel mondo dei contenitori e nelle tecnologie di spillatura della birra. Dopo decenni di dominio assoluto dei fusti in acciaio, qualche anno fa hanno iniziato a diffondersi sul mercato questi contenitori sferici imballati in poliedri cartonati. Il primo vantaggio salta dubito agli occhi: l’oggetto è molto più leggero della controparte in acciaio, rendendo un po’ meno faticoso il lavoro del publican. In realtà i benefici sono diversi, a partire dall’abolizione per il birrificio della tediosa attività di lavaggio dei fusti (è usa e getta), fino all’assenza della Co2 nelle fasi di somministrazione della birra. Il contenuto viene infatti spinto in alto pressurizzando lo spazio tra la sfera in PET e la sacca che effettivamente contiene il liquido.
Nonostante i Key Keg necessitino di un attacco apposito rispetto alle soluzioni tradizionali, la tecnologia si è diffusa rapidamente anche nel segmento artigianale. Oggi è adottato da tanti microbirrifici italiani e stranieri e i gestori dei pub si sono abituati ad avere a che fare con questi nuovi contenitori.
Facciamo un passo indietro. Perché è così innovativa l’assenza di anidride carbonica durante la spillatura? Semplice, perché nei sistemi classici è utilizzata per spingere il liquido verso il rubinetto: la birra che viene versata nel bicchiere presenta dunque una quantità di Co2 aggiuntiva, estranea al processo di produzione. A parte le eccezioni rappresentate dai cask inglesi con handpump, questo è il metodo che è stato adottato per tanti anni nel settore birrario mondiale.
Anche il nuovissimo Modular 20 di Carlsberg punta all’eliminazione di anidride carbonica. La tecnologia deriva dalla Flex 20, esistente prima dell’avvento dei Key Keg, che però a sua volta si ispirano ai tank in acciaio con sacca interna usati nelle grandi manifestazioni. Da un punto di vista concettuale il Modular 20 ha molti punti in comune con il Key Keg, ma con alcune differenze: i contenitori hanno una forma simile a siluri, sono capovolti (la birra scende anche per effetto della gravità), hanno un sistema di lavaggio automatico, garantiscono continuità di prodotto al cambio di fusto.
Sia i Modular 20 che i Key Keg garantiscono performance ambientali decisamente superiori rispetto all’acciaio; i primi possono godere degli attestati LCA ed EPD. Si tratta quindi di tecnologie simili (almeno concettualmente), con alcuni vantaggi in più a favore di quella sviluppata da Carlsberg. Con un dettaglio non indifferente: mentre i Key Keg sono una soluzione “aperta”, gli M20 sono un’esclusiva Carlsberg Italia e quindi utilizzata solo per i suoi marchi(industriali): Tuborg, Grimbergen, Kronenbourg, Poretti, Tucher e, ovviamente, Carlsberg.
Un’altra tecnologia utilizzata recentemente è il Petainer, simile alle altre due, di cui forse parlerò in un’altra occasione. Qui invece è interessante notare questa moltiplicazione di soluzioni innovative per un gesto – quello del servizio della birra al pub – che è rimasto inalterato per lungo tempo. Tutte le tecnologie fin qui citate – Key Keg, Modular 20, Petainer e Cellar Beer System – comunicano due plus:attenzione all’ambiente e valorizzazione del gusto della birra(grazie all’assenza di Co2).
Se il primo è quasi doveroso in un momento in cui il marketing mondiale vi punta con decisione, il secondo è piuttosto curioso. Non è infatti ad appannaggio solo di sistemi “aperti”, ma anche di quelli destinati esclusivamente all’industria: Modular 20 e Cellar Beer System. E’ un dettaglio non trascurabile, che a mio modo di vedere dimostra quanto sia cambiato l’approccio degli uffici di marketing delle multinazionali nei confronti dei loro prodotti. E sottolineare che questa nuova visione è stata stimolata dai prodotti artigianali mi sembra quasi superfluo. Il problema ora è capire a cosa porterà…
Fonte:www.cronachedibirra.it

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